• Vox e la Mappa dell’intolleranza online: colpite le donne, gli omosessuali e gli immigrati

    È un lavoro enorme quello che è stato condotto da Vox – Osservatorio italiano sui diritti in collaborazione con le università di Milano, Roma e Bari. Quasi 2 milioni di tweet estratti e studiati nell’arco di otto mesi di ricerca. La fotografia che è stata scattata su base nazionale racconta di un’Italia che discrimina, in particolar modo le donne. Leggi Tutto

  • Trans, molestato in azienda: tre rinvii a giudizio a Latina. In Piemonte presto una legge contro le discriminazioni

    La vicenda avviene in provincia di Latina nel 2010 quando Simona, una donna che si stava avviando a procedere al cambio di sesso, tenta il suicidio a causa delle molestie che subisce in azienda. Leggi Tutto

  • Solidarietà al sindaco di Trecate. Le minacce non possono sostituire il dialogo

    “Ennesimo attimo di intimidazione sui social network. Come spesso capita il web diventa lo sfogatoio di xenofobi e intolleranti. A essere vittima di minacce questa volta è stato Enrico Ruggerone, il sindaco di Trecate, e a lui va tutta la mia solidarietà” – ha commentato l’assessora della Regione Piemonte con delega all’Immigrazione, Monica Cerutti, riferendosi alle minacce ai danni del sindaco apparse su un social network.

    In gruppo di discussione gestito da un esponente politico si poteva leggere: “Basta profughi in città o sparo alla giunta”. L’assessora Cerutti ha poi continuato: “Episodi del genere non possono passare sotto silenzio. Le discussioni, anche quelle più accese, non dovrebbero mai sfociare nella violenza e chi fa politica ha una grossa responsabilità in questo senso”.

    “I social sono lo specchio di una certa realtà ed è anche compito delle istituzioni guardare dentro questo specchio e vedere cosa riflette. Non possiamo sottovalutare i segnali che ci stanno arrivando da quel territorio, il novarese, e dobbiamo comprenderne le motivazioni. Siamo di fronte a una guerra tra poveri che dobbiamo sedare subito per evitare che sfoci nell’intolleranza reale e non solo in quella virtuale” – ha poi concluso l’assessora Cerutti.

  • La medicina della differenza. La sfida della salute di genere

    Qui di seguito il mio intervento di oggi al convegno organizzato dallo Spi-Cgil a Roma sulla Medicina di genere: “La medicina della differenza. La sfida della salute di genere.”

    Credo sia importante ricordare, non tanto a noi quanto al pubblico in generale che la Medicina di Genere, anzi la Medicina delle Differenze come correttamente avete intitolato questo incontro, non è solo la naturale conseguenza dell’umanizzazione della cura che nella medicina mondiale si è affacciata alcuni decenni fa. Ci sono ovviamente legami, culturali e organizzativi, ma rimane il fatto che quando si parla di umanizzazione della cura il pensiero, soprattutto dei non addetti ai lavori, va al significato divulgativo del termine, quindi a quelle pratiche di relazione tra medico, infermiere e paziente che facilitano, appunto, la relazione, accolgono il paziente nella sua interezza e specificità e motivano il paziente stesso nell’adesione ai protocolli ed alle indicazioni che dal personale sanitario arrivano.

    La medicina di genere, ed in generale tutta la medicina che riconosce lo specifico vissuto delle persone di fronte alla propria salute che tiene conto quindi degli aspetti bio-medici ma anche sociali e culturali della persona, rappresenta una conquista, soprattutto culturale, degli ultimi anni,  con i pionieristici Progetti dell’ONU e dell’OMS. E, non a caso, il Ministero delle Pari Opportunità, istituisce un primo gruppo di interesse già nel 1999.

    Si tratta di un salto culturale che a partire dalle evidenze bio-mediche (non esiste una medicina per tutti e tutte) e dalle valutazioni sull’efficacia della cura (una medicina misurata sulle differenze è più efficace) ribalta un paradigma culturale importante perché dal precedente impatto “empatico” si è passato ad un piano che tiene conto anche dei diritti. Ovvero: si pratica (o si dovrebbe praticare) medicina delle differenze non solo per motivi di attenzione all’altro e per motivi di efficacia, ma anche perché è un diritto, in questo caso delle donne, essere trattate come persone che responsabilmente compiono delle scelte sulla propria salute a partire dalla propria condizione umana e sociale dalla quale nessuna terapia potrà mai prescindere.

    Il diritto alla salute, infatti, è fatto certamente di cose concrete che attengono alla grande questione delle risorse (tempi di attesa, accesso a terapie e strutture di eccellenza, regime dei ticket. ecc.) ma non può essere esercitato fino in fondo se il paziente non possiede tutte le informazioni necessarie affinché le sue scelte siano consapevoli. Tra queste la dimensione di genere, quindi la relazione tra medicina delle differenze e diritto alla salute, diventa sempre più fondamentale.

    In questo senso si identifica il primo e principale ruolo che le Assessore alle Pari Opportunità (anche quelle alla Salute in verità) hanno: diffondere e far crescere tutto il personale medico e paramedico su questi concetti e con questa cultura. Non credo sia questione da poco ne questione poco onerosa, ma il primo passo, e parallelo a tutti gli altri che possiamo compiere, è che tutto il personale diventi sempre più consapevole di questa dimensione. E mi riferisco alla necessità di inserire stabilmente e continuativamente il tema della medicina delle differenze all’interno dei corsi di formazione e aggiornamento, così come all’interno della formazione universitaria e post universitaria. Non come sporadica iniziativa che viene reiterata solo sulla base di interesse e risorse, ma attività ordinaria e continuativa. Magari collegando le tante iniziative singole che esistono sul territorio e valorizzandole.

    In questo grande percorso culturale io inserisco anche il personale amministrativo delle regioni e delle aziende sanitarie: anche questo deve diventare consapevole di certe dimensioni, che hanno impatto diretto sull’efficacia delle cure e sui suoi costi (secondo impegno/compito delle regioni).

    Il terzo grande impegno che le regioni (ma anche il Ministero) devono assumersi è quello più difficile, ma non meno necessario: far sì che la continua riduzione delle risorse a disposizione abbiano il minimo impatto possibile su questo tema.
    Sappiamo che si tratta di un compito molto difficile, ma la funzione delle Assessore alle Pari Opportunità è soprattutto questa, ovvero ricordare a dirigenti e funzionari, e ovviamente ai gestori politico-istituzionali del mondo sanitario che esiste questa esigenza che non può solo essere richiamata ma concretizzata in iniziative puntuali. E che non deve essere semplicemente cancellata quando vi sono percorsi di riorganizzazione in atto, sia pur dolorosi e necessari. Cosa che avviene puntualmente e, in misura parziale, è impossibile che non avvenga.

    Il ricordarsi del tema, dare impulso alle iniziative sparse sul territorio, inserirle nella programmazione in modo stabile, sono compiti che devono vederci uniti tutti, a partire dai Ministeri, passando attraverso le Regioni e le aziende sanitarie fino all’ultimo studio medico.

    Da questo punto di vista è essenziale dare nuovo impulso al Gruppo di lavoro nazionale, integrando i ministeri e le regioni che sono attive su questo tema.

    Vorrei inoltre spendere qualche parola sul principale Progetto di medicina di genere che nel corso degli anni la Regione Piemonte ha sviluppato. Si tratta del Progetto di Prevenzione serena, che oramai molte regioni promuovono e che da semplice (si fa per dire) programma strutturato di prevenzione oncologica rivolto soprattutto al mondo delle donne, si è trasformato nel corso degli anni in un vero e proprio Progetto di medicina di genere.

    È l’esempio di come questa medicina si possa concretizzare, ed anche di come umanizzazione, relazione col paziente e dimensione di genere possono trovare un punto di incontro.

  • Le aziende più avanti della politica rispetto alle coppie di fatto? Dobbiamo metterci al pari

    Il congedo matrimoniale anche alle coppie di fatto. È questa una delle novità rivoluzionarie che è stata introdotta dalla bozza di accordo di contratto integrativo firmato dall’azienda svedese SKF e dai sindacati metalmeccanici. Sono ben duemila i piemontesi interessati dal provvedimento. Leggi Tutto