• Medicina di genere: necessario un cambiamento culturale per modificare l’approccio

    Oggi pomeriggio sono intervenuta al seminario “Salute di Genere e Medici di Medicina Generale” durante il quale sono stati presentati i dati di una ricerca condotta su un ampio campione di Medici di Medicina Generale che è stata condotta e realizzata da Norma De Piccoli e Silvia Gattino (Dipartimento di Psicologia) in collaborazione con l’Associazione Italiana Donne Medico, sezione Città Metropolitana di Torino (AIDM) e la Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie, Segreteria Provinciale (SIMG). Leggi Tutto

  • Costituito il “Tavolo permanente di lavoro e confronto sulla medicina di genere”

    È stata deliberata questa mattina dalla Giunta regionale del Piemonte la costituzione del “Tavolo permanente di lavoro e confronto sulla medicina di genere“. Un atto che è in continuità con gli obiettivi del Piano regionale di prevenzione per il periodo 2014-2018. Leggi Tutto

  • La medicina della differenza. La sfida della salute di genere

    Qui di seguito il mio intervento di oggi al convegno organizzato dallo Spi-Cgil a Roma sulla Medicina di genere: “La medicina della differenza. La sfida della salute di genere.”

    Credo sia importante ricordare, non tanto a noi quanto al pubblico in generale che la Medicina di Genere, anzi la Medicina delle Differenze come correttamente avete intitolato questo incontro, non è solo la naturale conseguenza dell’umanizzazione della cura che nella medicina mondiale si è affacciata alcuni decenni fa. Ci sono ovviamente legami, culturali e organizzativi, ma rimane il fatto che quando si parla di umanizzazione della cura il pensiero, soprattutto dei non addetti ai lavori, va al significato divulgativo del termine, quindi a quelle pratiche di relazione tra medico, infermiere e paziente che facilitano, appunto, la relazione, accolgono il paziente nella sua interezza e specificità e motivano il paziente stesso nell’adesione ai protocolli ed alle indicazioni che dal personale sanitario arrivano.

    La medicina di genere, ed in generale tutta la medicina che riconosce lo specifico vissuto delle persone di fronte alla propria salute che tiene conto quindi degli aspetti bio-medici ma anche sociali e culturali della persona, rappresenta una conquista, soprattutto culturale, degli ultimi anni,  con i pionieristici Progetti dell’ONU e dell’OMS. E, non a caso, il Ministero delle Pari Opportunità, istituisce un primo gruppo di interesse già nel 1999.

    Si tratta di un salto culturale che a partire dalle evidenze bio-mediche (non esiste una medicina per tutti e tutte) e dalle valutazioni sull’efficacia della cura (una medicina misurata sulle differenze è più efficace) ribalta un paradigma culturale importante perché dal precedente impatto “empatico” si è passato ad un piano che tiene conto anche dei diritti. Ovvero: si pratica (o si dovrebbe praticare) medicina delle differenze non solo per motivi di attenzione all’altro e per motivi di efficacia, ma anche perché è un diritto, in questo caso delle donne, essere trattate come persone che responsabilmente compiono delle scelte sulla propria salute a partire dalla propria condizione umana e sociale dalla quale nessuna terapia potrà mai prescindere.

    Il diritto alla salute, infatti, è fatto certamente di cose concrete che attengono alla grande questione delle risorse (tempi di attesa, accesso a terapie e strutture di eccellenza, regime dei ticket. ecc.) ma non può essere esercitato fino in fondo se il paziente non possiede tutte le informazioni necessarie affinché le sue scelte siano consapevoli. Tra queste la dimensione di genere, quindi la relazione tra medicina delle differenze e diritto alla salute, diventa sempre più fondamentale.

    In questo senso si identifica il primo e principale ruolo che le Assessore alle Pari Opportunità (anche quelle alla Salute in verità) hanno: diffondere e far crescere tutto il personale medico e paramedico su questi concetti e con questa cultura. Non credo sia questione da poco ne questione poco onerosa, ma il primo passo, e parallelo a tutti gli altri che possiamo compiere, è che tutto il personale diventi sempre più consapevole di questa dimensione. E mi riferisco alla necessità di inserire stabilmente e continuativamente il tema della medicina delle differenze all’interno dei corsi di formazione e aggiornamento, così come all’interno della formazione universitaria e post universitaria. Non come sporadica iniziativa che viene reiterata solo sulla base di interesse e risorse, ma attività ordinaria e continuativa. Magari collegando le tante iniziative singole che esistono sul territorio e valorizzandole.

    In questo grande percorso culturale io inserisco anche il personale amministrativo delle regioni e delle aziende sanitarie: anche questo deve diventare consapevole di certe dimensioni, che hanno impatto diretto sull’efficacia delle cure e sui suoi costi (secondo impegno/compito delle regioni).

    Il terzo grande impegno che le regioni (ma anche il Ministero) devono assumersi è quello più difficile, ma non meno necessario: far sì che la continua riduzione delle risorse a disposizione abbiano il minimo impatto possibile su questo tema.
    Sappiamo che si tratta di un compito molto difficile, ma la funzione delle Assessore alle Pari Opportunità è soprattutto questa, ovvero ricordare a dirigenti e funzionari, e ovviamente ai gestori politico-istituzionali del mondo sanitario che esiste questa esigenza che non può solo essere richiamata ma concretizzata in iniziative puntuali. E che non deve essere semplicemente cancellata quando vi sono percorsi di riorganizzazione in atto, sia pur dolorosi e necessari. Cosa che avviene puntualmente e, in misura parziale, è impossibile che non avvenga.

    Il ricordarsi del tema, dare impulso alle iniziative sparse sul territorio, inserirle nella programmazione in modo stabile, sono compiti che devono vederci uniti tutti, a partire dai Ministeri, passando attraverso le Regioni e le aziende sanitarie fino all’ultimo studio medico.

    Da questo punto di vista è essenziale dare nuovo impulso al Gruppo di lavoro nazionale, integrando i ministeri e le regioni che sono attive su questo tema.

    Vorrei inoltre spendere qualche parola sul principale Progetto di medicina di genere che nel corso degli anni la Regione Piemonte ha sviluppato. Si tratta del Progetto di Prevenzione serena, che oramai molte regioni promuovono e che da semplice (si fa per dire) programma strutturato di prevenzione oncologica rivolto soprattutto al mondo delle donne, si è trasformato nel corso degli anni in un vero e proprio Progetto di medicina di genere.

    È l’esempio di come questa medicina si possa concretizzare, ed anche di come umanizzazione, relazione col paziente e dimensione di genere possono trovare un punto di incontro.

  • Un no convinto alla riforma sanitaria piemontese​. Unica soddisfazi​one oggi l’istituzi​one della medicina di genere

    Registriamo positivamente l’apertura della giunta nell’accoglimento di alcune proposte presentate dall’opposizione.
    Noi abbiamo dichiarato la nostra contrarietà a quelli che vengono definiti i due capisaldi del nuovo piano sociosanitario: la programmazione della rete ospedaliera e la centralizzazione delle attività di supporto alla sanità, con la nascita delle federazioni sanitarie. In particolare, siamo delusi che i tre ospedali, Valdese, Amedeo di Savoia e di Lanzo, siano rimasti strutture da convertire. Vigileremo nella definizione dei nuovi progetti. Leggi Tutto