• Un Piano regionale per la gestione dell’accoglienza. Trasformiamo l’emergenza in un’accoglienza strutturale

    Questa mattina in Consiglio regionale si è tenuto un lungo dibattito sul tema dell’accoglienza dei profughi. La Regione ha ben presente quelle che sono le responsabilità che si deve assumere chi è impegnato a governare ed è per questo che, seppur nella consapevolezza di non poterci far carico dei compiti degli altri territori regionali, diciamo “no” a logiche di buonismo stucchevole, ma “sì” agli sforzi che ci viene chiesto di sostenere.

    Il nostro obiettivo è quello di realizzare un Piano regionale che preveda l’individuazione di una o due strutture (HUB) che fungano per la primissima accoglienza dei profughi destinati al nostro territorio e che siano strettamente collegate con la rete regionale di accoglienza. È necessario superare il doppio binario tra Centri di accoglienza straordinaria (CAS) gestiti dalle prefetture e accoglienza ordinaria (SPRAR) della quale si occupano i Comuni. In questa fase è necessaria la massima trasparenza ed è per questo che abbiamo dato comunicazione dei dati di distribuzione dei profughi sui territori provinciali e inoltre abbiamo chiesto alle Prefetture l’elenco dei soggetti che gestiscono l’accoglienza.

    Per noi è importante che chi opera in questo ambito lavori per una vera inclusione e in questa ottica la formazione degli operatori è fondamentale, questi non devono occuparsi solo di distribuire coperte o cibo. Un’accoglienza sostenibile è possibile. I dati ci raccontano una realtà che non è quella tracciata da chi vuole strumentalizzare l’argomento oppure dai media: l’anno scorso in Italia arrivarono 178.000 profughi mentre quest’anno a oggi sono 40.000, non ci troviamo dunque di fronte a un’invasione seppur non sottovalutiamo la difficoltà di garantire loro una sistemazione accettabile diffusa sul nostro territorio. Secondo i dati presentati la scorsa settimana a EXPO dalla Caritas i migranti producono l’8.8% del prodotto interno lordo italiano, di questo dato non dobbiamo dimenticarci. Se tutti i 1.206 Comuni piemontesi si facessero carico, secondo le proprie possibilità, di una quota di profughi daremmo una risposta responsabile a ciò che sta diventando un’emergenza e in realtà dovrebbe essere un sistema di accoglienza strutturale.

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