• Alziamo il calice per il neo ingegnere Rachid, per un’integrazione possibile e per tutti i giovani che sognano un futuro migliore

    Corre sui social network la gioia di quella che fu la generazione “1.000 euro” per il successo di Rachid Khadiri Abdelmoula, il venditore ambulante marocchino che diventando ingegnere ha dimostrato che un altro modello di integrazione è possibile. Non solo, perché il suo può essere un messaggio utile anche per i suoi coetani italiani: per superare la crisi e costruirsi un futuro non devono cedere alla vulgata oggi diffusa secondo cui studiare non ha alcun valore e non serve a nulla.

    Qualcuno si ricorda di lui ancora ragazzino, quando appena arrivato andava già in giro per Torino a vendere insieme ai suoi fratelli i fazzolettini davanti a Palazzo Nuovo o al Cinema Massimo; altri invece ritrovano nella memoria le chiacchierate sul Marocco: ognuno sembra avere almeno un ricordo in comune con Rachid forse perché in un momento buio ci sta offrendo un piccolo raggio di luce.

    In un periodo in cui la politica non sembra essere in grado di dare risposte concrete ai propri cittadini una storia di fatica, sacrificio e conquista può essere il giusto incentivo a fare di più e a non demordere mai. La laurea per questo giovane marocchino e per tutta la sua famiglia non è un punto di arrivo, ma un trampolino di lancio lungo la via della realizzazione di un progetto di vita. Rachid, come molti altri immigrati che arrivano nel nostro Paese, vedono altro nel proprio futuro che una borsa piena di confezioni di fazzolettini di carta: l’Italia di domani deve essere in grado di dare loro gli strumenti per realizzare le proprie ambizioni allo stesso modo dei coetani italiani, a cominciare dal diritto allo studio per il quale il Piemonte invece ha ridotto vertiginosamente i fondi. Oggi molti giovani fanno una scelta differente da quella di Rachid: decidono di non studiare o di non farlo nella nostra città. La storia del giovane ingegnere marocchino racconta anche di una piccola rete di welfare informale che ha sostenuto questa avventura in modo concreto: un fatto importante dal punto di vista della solidarietà sociale, ma che mostra le lacune a cui le istituzioni dovrebbero rispondere.

    E’ vero, la strada è ancora lunga e lo sarà fino al giorno in cui ci saranno persone pronte a credere a qualsiasi fesseria purché sia contro un ministro di colore della Repubblica italiana. Se la Kyenge ogni giorno viene diffamata su quegli stessi social network che oggi stanno festeggiando Rachid è perché il nostro è un Paese che deve ancora superare quell’arretratezza culturale che non permette a qualcuno di credere che una persona possa essere uguale a noi nonostante abbia differente il colore della pelle. E forse in fondo in qualche modo queste persone hanno pure ragione perché il giovane ingegnere marocchino insieme ai tanti giovani che oggi lo stanno festeggiando, gli stessi che un tempo erano la generazione “1.000 euro” e che oggi, defraudati del loro futuro, sognano di guadagnare anche solo 1.000 euro, non sono uguali a chi pur avendo la pelle chiara li discrimina: sono migliori.

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