• Caro Chiamparino, bene sui diritti, ma il futuro di Torino deve andare oltre le esigenze di cassa del Comune

    Apprendiamo dagli organi di stampa alcuni elementi del dibattito all’interno del Partito Democratico in vista delle prossime amministrative a Torino.

    Accogliamo con molto favore le posizioni del sindaco Sergio Chiamparino sul fronte dei diritti, in relazione alla recente approvazione della delibera di iniziativa popolare sul riconoscimento delle unioni civili. E possiamo rilevare come le sue affermazioni siano più avanzate rispetto ad altri componenti del suo partito e della sua stessa maggioranza, protagonisti della bocciatura della nostra mozione su questo tema nel 2007.

    Invitiamo però ad una riflessione avanzata anche sugli altri ambiti, trasformazioni urbanistiche e società partecipate.

    Non possono essere fatte scelte sulla base delle mere esigenze di cassa comunali.

    Non ci sottraiamo alle responsabilità legate alle criticità del bilancio, ma è tempo di provare ad inserire le nostre scelte in un disegno complessivo sulla città, che l’occasione delle elezioni amministrative rende urgente definire. Non esiste più un piano strategico della città, che ha subito in questi ultimi dieci anni cambiamenti profondi, positivi, anche se non distribuiti su tutto il suo territorio. E ora ci troviamo ad affrontare una crisi economica senza precedenti.

    Dobbiamo perciò pensare alle società partecipate in un’ottica diversa, come elemento di sviluppo del nostro territorio, non semplicemente in termini di quote da mettere sul mercato, altrimenti avremmo un approccio di corto respiro. E molti cittadini sul fatto che l’acqua debba rimanere pubblica hanno le idee chiare.

    Analogamente i singoli interventi urbanistici debbono essere inseriti in una programmazione generale, da costruire con tutti i soggetti della città, sapendo che ormai il piano regolatore è ormai superato dalle numerose varianti che abbiamo approvato in questi ultimi anni. Non possiamo interpretare il disagio percepito dai cittadini, solo come mobilitazioni di residenti delle zone contrarie ai singoli interventi. Il problema è che attualmente non si percepisce dove la città stia andando.

    E si vede solo la necessità di far cassa. Il caso dell’ex-Isvor fa scuola. Non vorremmo avere ragione a danni fatti, come purtroppo gli ultimi sviluppi di TNE dimostrano.

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