• Passa il Piano Casa in Consiglio Comunale

    Il centro sinistra ha espresso forti critiche sul Piano Casa del governo Berlusconi. La legge di attuazione della Regione Piemonte n.20 del 14 luglio 2009 “Snellimento delle procedure in materia edilizia e urbanistica” prova a fare una difficile sintesi di sollecitazioni che vanno in senso esattamente opposto, introducendo dei limiti alle possibilità di ampliamento degli immobili che possono beneficiare dei previsti aumenti di cubatura (gli ormai consueti 20% e 35%) e consente ai Comuni di non applicare la legge su tutto o parte del territorio regionale.
    Da una parte è infatti opportuno ribadire che solo i Piani Regolatori Comunali dovrebbero correttamente stabilire dove, come, quanto e a quali condizioni tali ampliamenti (anche consistenti) possano essere effettuati. Dall’altra è condivisibile individuare ulteriori, rispetto a quelli fiscali, incentivi per indurre i proprietari degli immobili a migliorare l’efficienza energetica degli stessi e ad utilizzare fonti rinnovabili per il loro riscaldamento/raffreddamento. Anche se ciò può diventare un pretesto per giustificare eccessive cubature. E’ anche positivo sollecitare il recupero del patrimonio edilizio esistente, piuttosto che realizzare nuovi insediamenti, con consumo di suolo.
    Infine, non siamo insensibili alle opportunità offerte al settore edilizio, in un periodo di crisi, cercando di dirottarlo verso l’impiego di tecnologie e materiali innovativi, soprattutto in corrispondenza al loro impatto ambientale.
    Riteniamo perciò fondamentale che il Comune di Torino deliberi l’attuazione della Legge Regionale stabilendo dei vincoli in relazione alle specificità della città e di ciò che è previsto dal suo Piano Regolatore. Anche nella discussione avvenuta in Commissione e dai pareri acquisiti dalle organizzazioni di categoria e dalle associazioni ambientaliste, emergono spinte contrapposte e il risultato della delibera cerca di essere un accettabile compromesso. Ci permettiamo di fare alcune considerazioni in merito:
    1. riteniamo fondamentale assicurare la tutela degli edifici di particolare interesse storico e caratterizzanti il tessuto storico, fuori e dentro le Zone Urbane Storico Ambientali. Potrebbero risultare vittima, come sostiene Italia Nostra, diversi edifici che caratterizzano brani di tessuto storico e di ambiente urbano, ma che non ricadono in alcuna classificazione di carattere tutelativo. Ad esempio, le case di via Monferrato, via Giachino. Sarebbe perciò necessario, così come sollecita proprio Italia Nostra, un intervento di carattere normativo di revisione e integrazione di alcuni classificazioni di immobili che presentano interesse storico-documentario-ambientale, ad oggi disconosciuto. Ci riserviamo di intervenire in tale direzione, anche se capiamo che si tratta di un lavoro molto oneroso;
    2. sui piani pilotis sottolineiamo l’esigenza di tenere conto del contesto ove è proposto l’intervento, posta dall’Ordine degli Architetti. Registriamo anche la proposta dell’Api della chiusura dei pilotis anzichè ai fini abitativi, per nuovi negozi o uffici, anche se crediamo che esista già un’ampia offerta di locali che possono essere destinati a tale uso attualmente inutilizzati, soprattutto nei quartieri periferici;
    3. la formulazione iniziale di generica esclusione di tutte le aree in classe III è stata riformulata, escludendo le situazioni in cui vi siano oggettivi rischi idrogeologici individuati con la variante 100. Riteniamo che sia stato necessario fare delle precisazioni in questo senso per comprendere le situazioni effettivamente escluse.
    Questi ci sembrano gli elementi più importanti. I vincoli posti dalla Regione e poi dal Comune vanno nella direzione che riteniamo sia quella percorribile nell’attuale contesto, economico e culturale.

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