• Le “Miss” non ci piacciono, ma non per il colore

    Si chiama Cioma Ukwu, ha 15 anni, è di origini nigeriane, ma da domenica sera è la nuova “Miss Livorno” a dispetto di tutti coloro che credono che il colore della pelle possa essere ancora una discriminante, ma su di lei si è scagliato contro il popolo del web con tutta la ferocia del quale è capace solo chi si muove nascosto dietro a un monitor.

    È inutile dire che per noi i concorsi di bellezza non sono proprio il massimo della felicità. Non crediamo che una donna possa essere messa in passerella a mostrare le sue forme e in base a queste possa essere giudicata degna o no di rappresentare una città. Siamo convinti che i meriti da inseguire non siano fisici, ma morali. Questo però è un altro discorso che necessariamente dovremo affrontare per stabilire il confine culturale che non dovrebbe essere superato per evitare di mortificare la figura femminile.

    Rimane il fatto: una città che sempre è stata portatrice dei valori progressisti dell’accoglienza, dell’integrazione e dell’ugaglianza, oggi scrive una brutta pagina di intolleranza raziale. Sì, perché secondo chi ha contestato la vittoria di questa giovane miss il nero della sua pelle la renderebbe differente da tutti gli altri livornesi. Invece no. Quella ragazza di 15 anni, cresciuta nella cittadina toscana, è italiana allo stesso modo di tutti i suoi coetanei nati in Italia. Quello che viene contestato è un diritto, quello alla cittadinanza; non una coroncina, uno scettro o una fascia.

    Le istituzioni debbono avere la forza di abbattere quel muro discriminatorio, che è il razzismo, lavorando per l’uguaglianza delle persone. Lo si faccia legiferando e smettendo di fare proclami; lo si faccia con i mezzi che ognuno ha; lo si faccia mettendo in atto una rivoluzione culturale che possa dare uno scossone alle coscenze di un popolo che non deve cadere nella trappola dell’intolleranza.

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