• L’ultima visita al CIE di Torino

    La mia attività di monitoraggio del Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino (CIE) continua. Venerdì scorso, come spesso mi è capitato negli ultimi cinque anni, ho effettuato un sopralluogo all’interno della struttura. Insieme a me sono venuti Bruno Mellano, Garante regionale dei detenuti, Monica Gallo, Garante dei detenuti di Torino, e Fabio Versaci, presidente del Consiglio Comunale di Torino.

    Come da consuetudine ho voluto visitare le aree dentro le quali sono “ospitati” i migranti e non ho rilevato alcuna differenza rispetto alle visite precedenti. Venerdì all’interno del CIE erano presenti 77 persone di origine straniera. Attualmente la capienza massima è di 90 posti, ma ci è stato riferito che dovrebbe essere aumentata di 35 unità perché dovrebbe essere riaperta l’area verde che è quella che storicamente era riservata alle donne. Non esiste attualmente una sezione femminile, prevista solo nel CIE di Roma.

    Il 90% degli ospiti è di origine magrebina, anche se sono presenti pure sudamericani e georgiani. Quasi tutti gli ospiti hanno precedenti penali e il 50% di questi proviene direttamente da un’esperienza carceraria. Le identificazioni e riconoscimenti in carcere sono attivati nel carcere di Torino e quello di Ivrea, in modo da non prevedere il passaggio nel CIE, se è prevista l’espulsione, ma la procedura spesso viene inficiata dalla indisponibilità dell’ambasciata di riferimento.

    Ci è stato riferito che il tempo medio di permanenza all’interno della struttura è di 29 giorni, anche se questo sarebbe condizionato dalle richieste di asilo. I richiedenti asilo infatti possono attendere fino a un anno prima di ottenere una risposta. In ogni caso a Torino la percentuale dei rimpatri sarebbe pari all’80%, l’ultimo episodio è avvenuto la settimana scorsa con il rimpatrio di 26 cittadini di origine nigeriana.

    I dati ci dicono che l’esperienza dei Centri di Identificazione ed Espulsione è volta al termine. Se è vero che la quasi totalità delle persone presenti provienie dal carcere o ha alle spalle precedenti penali, è necessario aprire una riflessione rispetto a come potrebbe funzionare meglio il sistema utilizzando le risorse destinate ai CIE in altro modo e potenziando le procedure di riconoscimento nelle carceri.

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