• Dal Piemonte a Riccione Sel batta un colpo con un nuovo protagonismo femminile

    In questi giorni, emergerebbe mediaticamente che dal caos della Regione Piemonte l’unica uscita a “sinistra” vincente sia rappresentata dalla candidatura di Sergio Chiamparino, che ha bruciato tutti sui tempi, iniziando da subito la sua corsa nella competizione elettorale. E Sel rischia concretamente di dibattere solo su quanto questo candidato sia o non sia di sinistra.

    A Riccione fra qualche giorno verrà celebrato, come si dice con un linguaggio altisonante, il nostro congresso, avvitato in una discussione che anch’essa appare all’esterno assolutamente politicista, un confronto senza anima, per addetti ai lavori, sempre gli stessi, apparentemente distanti, come ormai si dice stancamente, dalla vita di tutti i giorni. Anche qui il pericolo è che ci si eserciti in misurazioni del nostro livello di autonomia dal Partito Democratico di Renzi o in astratte valutazioni di quale sia la nostra “giusta” collocazione in Europa, in virtù della maggiore o minore vicinanza a famiglie culturali, per le quali bisogna necessariamente andare al di là del nome.

    Manca dunque in entrambi i casi, al momento, la premessa: chi vogliamo rappresentare, su quali basi costruiamo il nostro consenso, visto che nel “campo largo della sinistra” non diamo segno di espansione, ma al contrario di continua contrazione, schiacciati fra Partito Democratico e M5S.
    Se vogliamo che il congresso non sia un appuntamento inutile, dovremmo provare a ridare un senso alla nostra presenza, integrando la radicalità in tema di diritti civili con una lettura aggiornata del lavoro e dello stato sociale, integrata alla questione ambientale.

    Allora il modello sociale europeo può essere il punto di riferimento, su cui imbastire le nostre riflessioni, nella convinzione che possiamo ancora permettercelo, quando invece viene assunta la sua obsolescenza o l’ineluttabile necessità di un suo superamento. Questa diviene la discussione su cui incalzare il Partito Democratico, dimostrando la nostra utilità, saldando il dibattito su elezioni europee e amministrative, andando oltre i confronti, che rischiano di essere solo nominalistici o disperatamente volti a individuare quale sia la strada della sopravvivenza, con il superamento della soglia di sbarramento.

    Analogamente nella sfida piemontese, cominciamo a chiarire quali siano i nostri paletti di un programma che determini la svolta a sinistra auspicata, per una regione mal governata in questi anni, a partire da sanità e trasporti, in un contesto sociale di grande sofferenza, che vede numerosi record negativi, come il numero di ore di cassa integrazione.

    Una sanità che ritorni ad essere eccellenza, nell’integrazione fra ospedali e territorio, politiche sociali, che non diventino sempre di più residuali, il rilancio del trasporto pubblico. Dal rapporto Pendolaria di Legambiente, risulta nell’ultimo anno un calo di 27 mila viaggiatori al giorno sui treni piemontesi, conseguenza dei tagli del 10% al servizio a fronte di aumenti delle tariffe senza eguali nel resto d’Italia. Un’inversione di rotta nel diritto allo studio, che ha visto in questi anni una riduzione senza precedenti delle risorse ad esso destinate.

    Proposte da elaborare mettendosi in ascolto del disagio diffuso, aprendo ad una partecipazione allargata, che metta in campo anche voci femminili, di cui vi è assoluta mancanza, dal livello locale al nazionale.

    Celeste Costantino sul Manifesto di martedì 14 gennaio ha denunciato senza ipocrisia questo deficit. Solo qualche mese fa ero intervenuta anch’io con “L’autorevolezza femminile e il nord: due limiti da superare a sinistra”. Lungi però da me atteggiamenti vittimistici: se Sel nell’immaginario collettivo è un partito maschile e poco attento a istanze che non vengano soprattutto dalla capitale, qualche ragione ci sarà. Sul fronte femminile, non vorrei riproporre riflessioni, ormai un po’ stantie, sul difficile rapporto tra donne e potere, sull’attenzione femminile alle questioni concrete e non al semplice apparire, sull’incapacità delle donne di fare squadra e via dicendo.

    Resta però il fatto che, per un verso, alcune formazioni politiche sembrano essere riuscite a superare questo handicap, per un altro, emergono sempre più modelli femminili di far politica che sconfessano la presunta “diversità”, e la ministra De Girolamo ne è solo l’ultimo esempio in ordine di tempo.

    Credo allora che prima di tutto le donne di Sel non debbano più accettare il ruolo di comprimarie, ma diventare protagoniste di una politica nuova, non solo nell’involucro, ma nella sostanza, Non ci sono solo numericamente, ma anche qualitativamente, a Roma, come in tutte le altre regioni.

    Un nuovo protagonismo femminile potrebbe essere alla base della riapertura della nostra partita, un vero rinnovamento, a 360 gradi, iniziando dalle modalità di confronto e dai contenuti.

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