• Corridoi umanitari per evitare le stragi, l’UE li deve attivare

    Ne ha già viste tante Fortune, la bimba di nove mesi nigeriana che il 24 maggio è stata tratta in salva da un gommone carico di profughi al largo di Lampedusa. I giornali ci raccontano di come l’Italia e l’Europa stiano facendo a gara per prenderla in adozione e regalarle un futuro, ma quel di cui abbiamo bisogno sono misure strutturali per affrontare le migrazioni che verranno rendendo più efficace il sistema di accoglienza e il sostegno allo sviluppo per i Paesi africani. Tutto questo per evitare che ci siano altre piccole Fortune da raccontare.

    Il sistema di accoglienza non è più totalmente emergenziale, ma allo stesso tempo non possiamo dire di averlo già trasformato in strutturale. Il Piemonte sta lavorando per il passaggio graduale dall’accoglienza CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), gestita dalle prefetture a quella SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), gestita direttamente dai Comuni, in modo da mettere al centro il ruolo delle amministrazioni comunali. La Regione si deve inserire nella costruzione di questo sistema costruendo percorsi di integrazione che vadano oltre la prima accoglienza.

    I numeri dicono che i profughi presenti in Piemonte al 10 maggio erano 8.796. Un numero sostenibile dal totale degli abitanti della regione che sono più di 4 milioni. Nessuna invasione dunque.

    Le vere emergenze però sono due: l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e la più grave, le vittime che vengono sommerse dalle onde del mar Mediterraneo. Sul primo versante stiamo lavorando per mettere in atto il piano approvato dalla Commissione Immigrazione della conferenza delle Regioni il 5 maggio scorso sia in relazione alla prima accoglienza, che alla seconda.

    Le Regioni dovranno integrare l’accoglienza dei minori soli con l’obiettivo di renderli autonomi, evitando il pericolo di perdere le loro tracce, perché assorbiti dalle maglie della criminalità organizzata. L’impegno è importante: sono 13.000 quelli ospitati nel sistema di accoglienza italiano e 5.579 sono quelli sbarcati nel 2016 segnando un aumento del 170% rispetto al 2015.

    Ma l’emergenza delle emergenze è il continuo aumento del numero delle vittime dei viaggi della speranza. Se l’Europa è l’unione di Paesi che ritengono la vita umana un bene supremo, non possiamo più tollerare questa carneficina. Non possiamo più sopportare che il Mediterraneo sia un grosso cimitero a cielo aperto. È per questo che l’Europa deve pensare immediatamente all’attivazione di corridoi umanitari che garantiscano viaggi in sicurezza.

    Esempi in piccolo già esistono. La scorsa settimana ho incontrato le famiglie siriane che ora risiedono a Torino e Leinì grazie al progetto di corridoi umanitari attivati dalla Comunità di Sant’Egidio, la Tavola Valdese e la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia. Persone fortunate nella sfortuna dell’essere costrette a lasciare il proprio Paese.

    Rendiamo questi viaggi la normalità. Si può fare.

Commenti chiusi