• A “Coopera” ribadita l’importanza di legare politiche di cooperazione e immigrazione

    Ieri ho partecipato a “Coopera”, la Conferenza nazionale della cooperazione internazionale dal tema “Novità e futuro: il mondo della Cooperazione italiana”. Un importante evento dal respiro internazionale durante il quale si è discusso di partenariati, lavoro e sviluppo con un occhio di riguardo ai giovani.

    È emersa nei tavoli specifici la necessità di collegare strettamente tra loro le politiche di cooperazione e quelle per l’immigrazione. Una relazione che permette di mettere al centro le persone anche su un tema tanto discusso che spesso vede contrapposto chi assume la complessità della questione a chi rincorre le paure in modo assolutamente impersonale.

    Le politiche di cooperazione mettono in contatto le comunità del nord con quelle del sud del mondo, istituzioni e società civile. Un modo utile a costruire legami e superare le diffidenze. La cooperazione intesa dunque come uno degli strumenti per costruire quella contro narrazione necessaria per far comprendere il vero volto delle migrazioni. Un ruolo importante lo devono svolgere le diaspore, in particolare persone che sono state in Italia e che poi hanno deciso di tornare nel loro Paese per diventare agenti di cambiamento o che sono sul territorio italiano e operano in stretta relazione con le loro comunità.

    Sostegno allo sviluppo delle realtà locali e diffusione di una vera cultura di conoscenza reciproca sono le basi del lavoro che la Regione Piemonte ha messo in campo in materia di immigrazione e cooperazione decentrata. La cooperazione internazionale piemontese ha potenziato in questi ultimi anni la sua progettualità in Burkina Faso, Senegal, arrivando anche nella Costa d’Avorio ottenendo finanziamenti, anche dal Ministero degli Interni, che sono stati utilizzati per progetti volti alla formazione dei giovani nei loro Paesi con la creazione di opportunità lavorative alternative all’intraprendere migrazioni forzate dall’esito spesso tragico.

    Una preoccupazione che ho potuto toccare con mano durante il mio ultimo viaggio in Senegal per monitorare lo stato dei progetti attivi. Nei diversi incontri tutti gli amministratori locali hanno ribadito che non vogliono che i propri giovani partano, ma che hanno bisogno di costruire insieme a noi l’offerta di alternative.

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