13 presidi ospedalieri dovrebbero chiudere in Piemonte entro fine giugno. Il neo assessore Cavallera non conferma nè nega. Cominciamo allora a riparlare del Valdese
Oggi abbiamo chiesto in IV Commissione all’assessore Cavallera se intenda procedere nella chiusura dei 13 presidi, ospedali, emodinamiche e punti nascita: Valdese, Maria Adelaide, S. Giovanni Antica Sede, Carmagnola, Moncalieri, Lanzo Torinese, Castellamonte, Avigliana, Caraglio, Bra, Tortona, Domodossola (emodinamica e punto nascita), previsti per il 30 giugno 2013. Una vera e propria mattanza che ricadrebbe in modo drammatico sulle spalle dei cittadini in due modi: dal punto di vista sanitario perché non viene assolutamente garantita la certezza della continuità della cura e sotto il profilo economico perché sarebbero costretti a rivolgersi al privato per sopperire alle lacune lasciate nel servizio pubblico.
La risposta dell’assessore è stata da vero e proprio maestro del “cerchiobottismo”, la sintesi è: ne possiamo parlare, ma se avete delle motivazioni valide. I nomi e i cognomi dei cittadini piemontesi che hanno bisogno di questi presidi ospedalieri sono una validissima motivazione.
Un esempio su tutti è quello dell’ospedale Valdese di Torino sul quale abbiamo potuto raccogliere anche testimonianze da parte dei cittadini. In merito martedì scorso abbiamo presentato in Consiglio regionale un’interrogazione a risposta immediata in aula alla quale l’assessore ha rimandato la risposta. Noi cogliamo positivamente questo rimando. Dopo che è stata cancellata gran parte dell’attività ospedaliera, ai paziente del Valdese si prospettano lunghe liste d’attesa presso altre strutture pubbliche o, in alternativa, i costi delle strutture private per poter ottenere le cure in tempi accettabili. Inoltre con la chiusura di alcuni reparti e l’interruzione di servizi forniti dall’ospedale Valdese diversi pazienti, i cui casi sono stati da noi denunciati, hanno perso il diritto alla continuità dell’assistenza medica bruscamente interrotta.
Più volte abbiamo ribadito che a nostro avvito è inaccettabile che il presunto risparmio di 8 milioni di euro che arriverebbe in seguito allo smantellamento del Valdese ricada principalmente sui pazienti. Non solo perché il Comitato Evangelico Torino, nato nel 1996, ha diffidato la Regione dal vendere l’edificio per fare cassa rivendicando i contributi in denaro forniti per la ristrutturazione: è stato ricordato dalla Presidente del Comitato Valdese che enti, banche, aziende e moltissimi cittadini hanno finanziato economicamente il progetto di ristrutturazione dell’ospedale, che nel 2005 è passato alla Regione al prezzo simbolico di un euro.
Non abbiamo tempo da perdere, neppure per lasciare la possibilità all’assessore di studiare le carte che dovrebbe già conoscere essendo esponente di spicco di questa Giunta fin dalla sua nascita. Le nostre motivazioni per rivedere le decisioni prese sin qui sul Valdese le abbiamo esposte e sono più che valide. Si apra il confronto e non si privino i cittadini dei loro diritti.