• Lunedì nei centri antiviolenza, oggi in visita al CAV di Biella

    monica2Questa mattina sono stata a Biella per visitare il Centro antiviolenza gestito dal Consorzio Intercomunale Servizi Socio-Assistenziali del Biellese Orientale (CISSABO), quale ente capofila, insieme ai partners, il Consorzio Intercomunale dei Servizi Socio-Assistenziali (IRIS), l’Associazione Non Sei Sola e Anteo Cooperativa Sociale Onlus. Quest’ultima gestisce la casa rifugio.

    Il Centro antiviolenza offre diversi servizi: spazio di ascolto, accoglienza, orientamento, sostegno psicologico e sociale, consulenza legale, percorsi di sostegno all’inserimento lavorativo, gestione e facilitazione di un gruppo di auto-mutuo aiuto, accoglienza residenziale in emergenza su segnalazione delle forze dell’ordine e dell’ospedale, raccordo con la rete territoriale, sostegno alle volontarie con percorso di supervisione, attività di prevenzione e sensibilizzazione, percorsi formativi per gli operatori della rete, reperibilità telefonica specifica attiva 24 ore su 24 della coordinatrice della casa rifugio in collegamento con il 1522.

    Ho voluto evidenziare come i dati che sono stati presentati dalle operatrici del centro siano significativi. È emerso che nel 2017 sono stati rilevati 215 accessi ai servizi, un dato che non comprende solo le prese in carico del centro antiviolenza, ma anche quelle dei servizi sociali e dell’ospedale. Le donne accolte sono state 155, 100 delle quali italiane. Concordo su quanto sia importante la continuità del sostegno e anche sulla necessità di aumentare la durata dei progetti di inserimento lavorativo e autonomia abitativa, per ottenere dei risultati concreti.

    Le operatrici del centro antiviolenza hanno segnalato che vi è stato un abbassamento dell’età delle donne che accedono al centro, fatto che corrisponde anche a un abbassamento dell’età dei maltrattanti stessi. Infine una riflessione sulla collaborazione tra giustizia e case rifugio: la disponibilità di una casa rifugio non deve sostituire le misure cautelari, ciò è necessario per non allontanare necessariamente la donna dalla propria abitazione. Invece nel caso di allontanamento bisognerebbe prevedere una residenza fittizia per la donna per due motivi, perché non sia rintracciabile dal maltrattante; e possa avere un calcolo ISEE proprio, non del nucleo familiare, che le permetta di accedere ai servizi.

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