• Giornata Mondiale del Rifugiato

    Sabato 20 giugno è la Giornata Mondiale del Rifugiato. Quest’anno la celebriamo in una situazione del tutta anomala rispetto al passato, ma con criticità che purtroppo conosciamo, e che rischiano di peggiorare, in un contesto in cui le diseguaglianze si accentuano.

    L’anno scorso aprivo il mio libro “L’umanità è patrimonio. Nuove narrazioni contro le paure”, ricordando l’immagine del corpicino di Alan Curdi riverso sulla spiaggia di Bodrum in Turchia. Era il 2 settembre 2015. Sembrava che questa tragedia, avendo scosso l’opinione pubblica mondiale, potesse portare a un cambiamento nelle politiche delle migrazioni, dell’accoglienza. E invece oggi abbiamo l’ennesima nuova immagine che è un pugno nello stomaco: un altro corpicino di una neonata trovato sulla spiaggia di Sorman in Libia, restituito dal mare dopo il naufragio dell’imbarcazione, che avrebbe causato la morte di 12 persone su un totale di 30. Ma non fa notizia.

    E probabilmente questi drammi continueranno a riproporsi, sempre più numerosi nella stagione estiva, anche perché sembra essere divenuta abitudine il furto del motore delle barche dopo la partenza, abbandonando l’imbarcazione con i suoi passeggeri al suo destino, in modo da poterlo reimpiegare per nuovi viaggi di aspiranti migranti. E non è pensabile immaginare al ripristino della legalità in Libia, dove si stanno affrontando cordate di Paesi, anche europei su fronti opposti, con gravi responsabilità da parte dell’Unione Europea, incapace di definire una sua politica.

    Ma c’è qualche luce. Da una parte nelle comunità locali si sono costituite nell’emergenza Covid, reti di solidarietà che hanno visto come protagoniste numerose associazioni di migranti, contribuendo a stabilire nuove relazioni, e a superare gli stereotipi sui quali è stata costruita la narrazione volta a creare la paura nei confronti dello straniero.

    Non a caso le forze politiche populiste che hanno basato il loro consenso su questo scontro sembrano aver perso appeal. Ma nel campo opposto del mondo politico non si intravede l’alternativa di una visione diversa di un mondo più giusto, più equo e più sostenibile.

    Sarebbe auspicabile che questa elaborazione poggiasse su scelte che tantissime persone stanno attendendo da molto tempo, in quanto le norme in gioco incidono direttamente sulle loro vite.

    Una è l’approvazione dello ius soli, la cui assenza continua ad essere fonte di discriminazione per circa un milione di minori di origine straniera. L’altra è l’abrogazione dei decreti sicurezza, poiché non possiamo accontentarci della sola attuazione dei rilievi del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che non è entrato nel merito delle leggi, come da lui stesso affermato, non essendo di sua competenza.

    E purtroppo non c’è consapevolezza di quanto questo periodo di emergenza abbia reso ancora più difficili le condizioni di vita per i migranti, in particolare per i richiedenti asilo, basti pensare al divieto di iscrizione anagrafica, seppur numerose pronunce giudiziarie ne abbiano riconosciuto il diritto.

    Dunque un quadro d’insieme chiaroscuro. Ma in questi giorni, torniamo a respirare un po’ di speranza, grazie allo tsunami rappresentato dal movimento “Black lives matter” che ha investito gli Stati Uniti, e speriamo possa determinare un cambiamento culturale anche in Europa, dal basso, in grado di “contagiare” la politica.

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