• Che fine faranno gli studi di genere?

    Ieri, in Consiglio Regionale, è giunta la risposta all’interrogazione che avevamo presentato mesi fa, in merito alla mancata attivazione dei corsi universitari in studi di genere, promossi dalla Commissione Pari Opportunità su sollecitazione del CIRSDe. Ci era infatti pervenuta la segnalazione della cancellazione dei quattro corsi in “Storia delle donne e di genere” da parte dell’Università di Torino e dell’Università del Piemonte Orientale, che non hanno ritenuto di farsi carico della continuità di questi insegnamenti, contestualmente al mancato finanziamento del progetto da parte della nuova Commissione Pari Opportunità.
    Avevamo chiesto delucidazioni in merito ai criteri con cui la CPO ha selezionato i progetti meritevoli di finanziamento, nonchè un parere da parte della Consulta Regionale Femminile, quale organismo permanente di consultazione del Consiglio Regionale sulle tematiche di interesse femminile. Avevamo chiesto alla Commissione di rivedere la propria posizione e alla Giunta di reintegrare il finanziamento e, in generale, di promuovere la diffusione degli studi di genere contribuendo al loro inserimento strutturale nei curricula universitari.
    La risposta sottolinea la piena autonomia della Commissione e ne giustifica le scelte in base alla riduzione dei fondi, ma allude anche a un altro aspetto, che ci sembra problematico: vi si dice che, nel momento in cui le Università partecipano a bandi regionali, vengono di norma, sempre in considerazione della razionalizzazione delle risorse, privilegiati percorsi con un legame forte col mondo del lavoro. Insomma, si suggerisce che in tempi di crisi serve ‘realismo’ e occorre distinguere tra ciò che è fondamentale e ciò che è sacrificabile. E’ chiaro che questa risposta rivela un’incomprensione di quanto gli studi di genere non siano una specializzazione eccentrica che meriti tutt’al più di sopravvivere in qualche riserva culturale, e quindi di scomparire di fronte a tematiche più importanti, ma un campo del sapere e un’impostazione metodologica fondamentali per diffondere una vera cultura della parità dei sessi e prevenire anche il fenomeno della violenza di genere. Ci rincuora che la Consulta Femminile, nel parere emesso, riconosca questo aspetto ed esprima contrarietà nei confronti della mancata attivazione dei corsi.
    Un’interrogazione su questo caso è stata presentata anche in Parlamento dalla nostra deputata Celeste Costantino, attendiamo con speranza una risposta che apra qualche spiraglio.
    Si tratta ora di non arrendersi e definire con quali strategie comuni possiamo procedere in questo percorso, assieme alle associazioni e alle studiose che tenacemente portano avanti questi percorsi didattici, sperando di ottenere buoni risultati.

    IL TESTO DELLA RISPOSTA ALLA NOSTRA INTERROGAZIONE: risposta studigenere29102013_opt

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