• Gemellaggio Caselette – Ricse

  • I Commissione

  • Riunione dei Capigruppo

  • YO DECIDO

    SABATO 1 FEBBRAIO ORE 15
    SOTTO IL CONSOLATO SPAGNOLO IN PIAZZA CASTELLO A TORINO
    INIZIATIVA DI SOLIDARIETA’ E CONTROINFORMAZIONE

    IL PRIMO FEBBRAIO, AL FIANCO DELLE DONNE SPAGNOLE
    PER UN ABORTO LIBERO E SICURO!
    In questi giorni il nemico dichiarato del governo spagnolo sembrano essere le donne, con un progetto di legge antiaborto significativamente denominata “Legge organica di protezione dei diritti del Concepito e della Donna in gravidanza” che, vista la maggioranza di cui gode il Partito Popolare, sembra destinato a riportare indietro le lancette del tempo.
    Dall’essere un diritto, come nella legge Zapatero del 2010, l’aborto torna ad essere reato, sebbene depenalizzato, e consentito in due sole circostanze, in caso di violenza sessuale o se sussistono gravi rischi per la salute fisica o psicologica della donna. In tutti gli altri casi, sarà vietato per legge, con l’ovvia e terribile conseguenza di un ritorno agli aborti clandestini. La legge, che fa carta straccia della precedente, si presenta dunque ancor più restrittiva di quella in vigore dal’85 al 2010, di cui in parte ricalca l’impianto.
    I gravi rischi devono essere certificati e motivati da due specialisti diversi dal medico che eseguirà l’interruzione di gravidanza. Nel primo caso il termine scade alla dodicesima settimana, e solo se la violenza è stata denunciata, mentre nel secondo il limite è fissato a ventidue settimane. Le motivazioni dovranno essere valutate da specialisti della patologia, dopo di che la donna sarà costretta ad attendere altri setti giorni prima di una decisione definitiva, che altri avranno preso per lei.
    Anche la ricerca di un medico disponibile a praticare l’intervento potrà rivelarsi una corsa a ostacoli, dato che la legge introduce l’obiezione di coscienza per tutto il personale sanitario (dalla diagnosi all’intervento) e proibisce la pubblicità di cliniche in cui si pratichi l’aborto. Altro elemento di forte dibattito è la scomparsa del comma in cui si dettagliava il diritto ad abortire in caso di malattie o malformazioni del feto, ora lasciato all’ambiguità; il diritto all’aborto sarebbe esteso oltre la ventiduesima settimana solo in caso di “anomalia del feto incompatibile con la vita”, di cui fosse stata impossibile una diagnosi previa.
    Inoltre, alle minorenni non basterà supplicare i sanitari di firmare il nulla osta, sarà indispensabile anche quello dei genitori, “chiamati a partecipare”. Controllare l’esuberanza di questi corpi è responsabilità della famiglia, come i loro peccati, da punire come dio comanda.
    Dunque se la nuova legge sarà approvata in Parlamento, saranno medici e psichiatri a tenere in ostaggio i corpi delle donne, ad emettere una sentenza di condanna o assoluzione. Quali saranno gli standard con cui stimare il grave rischio psicologico, a chi il potere di determinare una scelta che dovrebbe essere solo delle donne?
    E QUI DA NOI, CHE ARIA TIRA?
    La legge 194 che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza in Italia, è da anni sempre più a rischio di disapplicazione. La difficoltà di accedere all’IVG rischia di implementare la zona grigia degli aborti clandestini, anch’essi in crescita. Si tratta tuttavia di un collasso annunciato, a causa di una legge che nasce già carente in materia di limitazione dell’obiezione di coscienza, consentendo di fatto la situazione attuale, che ormai sfiora l’emergenza in molte regioni italiane.
    E in Piemonte? Benché ancora al di sotto della media nazionale, anche nella nostra regione il dati sono  preoccupanti: al 2012, il 67,5% dei/delle ginecologi/he e il 40% degli/le anestesisti/e erano obiettori/trici. A Torino i/le ginecologi/he obiettori rappresentano il 84,6% nella ASL To1, il 69,2% nella ASL To2, il 61,53% in To3, 68,96% in To4, il 61,20% in To5. Nelle altre provincie si registrano situazioni ancor più critiche, in particolare a Novara dove un solo medico è attivo, di Alessandria (2 medici) e di Cuneo (3 medici).
    Ma non basta! In Piemonte, come in altre regioni italiane, i movimenti antiabortisti si fanno strada a colpi di leggi e delibere che permetterebbero loro di entrare nei consultori pubblici, trasformandoli in luoghi di predica e propaganda oscurantista, interferendo così nella libera scelta delle donne ad intraprendere il percorso dell’IVG. Qui in Piemonte questi interventi legislativi si chiamano Delibera Ferrero (2010) e Proposta di Legge 160 (2011), entrambi promossi dal governo regionale di destra di Roberto Cota.
    Invece di vietare l’aborto e di limitare la libertà di scelta delle donne in materia di sessualità e maternità, o di spendere soldi pubblici per finanziare l’intervento privato degli antiabortisti nei presidi sanitari pubblici, costruiamo altri percorsi, questi sì, di consapevolezza e liberazione, quali la prevenzione, la contraccezione e l’educazione sessuale nelle scuole.
    Ci troviamo di fronte non solo ad una vera e propria aggressione alle donne nel principio stesso di autodeterminazione di sé, ma anche ad una ridefinizione culturale, politica, sociale ed economica dei ruoli, dei comportamenti e delle realtà che le donne abitano e costruiscono per se stesse.

    LA MATERNITA’ NON SI IMPONE, SI RISPETTA
    LA MATERNITA’ NON SI ACCETTA, SI SCEGLIE
    SUL CORPO DELLE DONNE DECIDONO LE DONNE

  • Assemblea Regionale SEL