• In 15 mesi la Rete regionale contro le discriminazioni ha gestito 93 casi: rinnovare il protocollo d’intesa Regione-Province a sostegno dei diritti umani

    Lunedì prossimo durante la riunione con i Presidenti di Provincia piemontesi proporrò il rinnovo del protocollo d’intesa che ha permesso la costituzione della Rete regionale contro le discriminazioni e che è in scadenza a fine mese. In questi anni il Gruppo di lavoro del Centro regionale contro le discriminazioni in Piemonte ha fatto un buon lavoro contro ed è nostro compito valorizzare e premiare i loro sforzi. Con un gesto concreto ho voluto celebrare nella nostra regione la Giornata internazionale dei diritti umani.

    La Rete regionale contro le discriminazioni nasce alla fine del 2011 quando viene sottoscritto il protocollo d’intesa tra la Regione e ogni Provincia piemontese, le quali diventano i soggetti chiave con i quali agire per l’attivazione dei Nodi antidiscriminazione. La Rete agisce nei casi di discriminazione di genere, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età, orientamento sessuale. Tutto ciò si inserisce in un contesto più ampio che è quello della costituzione della Rete nazionale Antidiscriminazioni promossa dall’UNAR.

    Ogni nodo provinciale opera in accordo con il Centro regionale contro le discriminazioni e ha il compito di accogliere, orientare e prendere in carico le vittime di discriminazione; costruire e coordinare la Rete territoriale di Antenne; monitorare il fenomeno; informare e sensibilizzare il territorio di riferimento. I risultati di questo lavoro sono messi in evidenza dal report effettuato grazie alla piattaforma UNAR.

    Nel periodo tra l’aprile del 2013 e il luglio di quest’anno la Rete regionale ha gestito e sta gestendo un totale di 93 casi di cui 27 nella provincia di Torino, 15 in quella di Alessandria, 9 in quella di Asti, 2 in quella di Biella, 3 in quella di Cuneo, 11 in quella di Novara, 6 nel VCO e 19 in quella di Vercelli (un caso è stato affidato al centro). Sempre secondo i dati fornitici dall’UNAR dei 93 casi accolti dalla Rete regionale, 62 si sono dimostrati pertinenti, ovvero effettivi casi di discriminazione, mentre 14 casi si sono rivelati richieste di assistenza e aiuto di diversa natura e in 17 casi la natura discriminatoria della segnalazione è ancora dubbia e in fase di valutazione da parte delle operatrici dei Nodi.
    Rispetto ai canali di segnalazione dei casi di discriminazione, va sottolineato che sul totale di 93 casi, ben 44 casi sono stati rilevati direttamente dalla Rete regionale mentre la restante parte è stata segnalata al Contact center nazionale (tramite il numero verde 800 901010 o il portale www.unar.it), oppure rilevata dagli operatori e operatrici dello stesso Contact Center tramite i media o il web.

    Non tutto però è stato fatto e molto altro ancora possiamo fare. È nostro compito pensare a come possiamo adeguare la Rete regionale antidiscriminazioni alle modifiche introdotte dalla legge Delrio garantendone l’operatività e la continuità necessaria senza disperdere le competenze professionali maturate finora; dobbiamo far conoscere il lavoro che i Nodi stanno svolgendo sul territorio; dobbiamo elaborare linee, uniformare i servizi offerti all’utenza e facilitare il lavoro di operatori e operatrici dei Nodi fornendo alcune procedure standard di azione; dobbiamo organizzare attività di formazione e aggiornamento tematiche e metodologiche per operatrici e operatori della Rete antidiscriminazioni. Ma non ci possiamo fermare qui perché dobbiamo lavorare per i diritti e contro le discriminazioni anche sotto il profilo culturale e quondi dobbiamo necessariamente avviare una collaborazione con l’Ordine dei giornalisti per la realizzazione di attività formative in materia antidiscriminatoria e con le organizzazioni sindacali e datoriali per la realizzazione di attività formative in materia antidiscriminatoria, anche a partire da quanto previsto dal protocollo d’intesa nazionale sottoscritto il 19 maggio 2010 tra UNAR e parti sociali.

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