• I dati e le storie del CIE di Torino. Confermate le nostre impressioni: il CIE va chiuso, è uno spreco di risorse umane ed anche economiche

    Siamo stati in visita al Centro di Identificazione ed Espulsione di Torino: sono presenti 87 “ospiti”, 61 uomini e 26 donne. Ci dicono che la maggior parte di essi arrivano da una precedente esperienza carceraria oppure dal mondo della prostituzione. Si tratta dunque di persone che hanno già scontato la pena per la quale sono stati condannati oppure di donne che avrebbero bisogno di un aiuto per liberarsi dal peso dello sfruttamento.

    Il CIE di Torino in origine poteva ospitare fino ad un massimo di 210 persone, oggi la capienza massima è di 98 “ospiti”, ma il numero di operatori che sono impegnati nella gestione del centro negli anni non è stato modificato. In poche parole il numero di persone che lavoravano nel CIE di Torino è lo stesso oggi, che può ospitare meno della metà degli ospiti, come ieri. Tutto ciò è anche dovuto alle continue rivolte all’interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione: è di oggi la notizia che sono stati arrestati tre immigrati ritenuti responsabili per i disordini al CIE di Gradisca, mentre uno è stato arrestato per i disordini a quello di Torino.

    Abbiamo motivo di credere che il CIE di Torino sia gestito in modo dignitoso, se confrontato con altri, ma rimaniamo fermamente convinti che queste strutture debbano essere superate. L’età media degli ospiti all’interno del centro è di 31 anni; gli ospiti prevalentemente arrivano da Nigeria, Marocco, Tunisia e Albania; il consolato più collaborativo è quello del Marocco, mentre quelli meno collaborativi sono quelli di Tunisia, Senegal e Nigeria; i richiedenti asilo in totale sono 15.

    Una storia ci ha colpito e crediamo possa essere l’emblea di come in Italia su questo fronte i problemi non siano mai stati affrontati con serietà. Abbiamo parlato con una ragazza bosniaca che dopo aver scontato una pena di 5 anni è stata rinchiusa presso il CIE. Questa ragazza è nata in Italia da genitori stranieri e non ha mai potuto richiedere la cittadinanza. La sua famiglia è in Italia e lei dentro il centro sta attendendo di capire se le autorità italiane decideranno di spedirla in un Paese, la Bosnia, che non conosce neppure e che quando lei è nata era sotto i bombardamenti.

    A questa ragazza manca la cittadinanza, sconta una doppia pena e subisce il reato di clandestinità. L’emblea di tutto quello che non va della legge sull’immigrazione in Italia. Quella di oggi è la nostra ennesima visita al CIE di Torino, durante gli ultimi due anni lo abbiamo visitato mediamente ogni 45 giorni. Il Gruppo di Sinistra Ecologia Libertà con Vendola in Regione Piemonte sta lavorando ad un dossier che verrà presentato nei prossimi mesi.

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